VERSIONE ITALIANA
 

La generazione tradita è la mia generazione, la generazione della Resistenza. Perché tutto si fece, anche l’inverosimile, per non far nascere la democrazia, ragion d’essere della Resistenza.

Così fu subito detta “tradita” e non solo in Italia. A Parigi si parlava di “affaire Italie” e a Londra di “Italian affair”.

Le nostre cantiche avrebbero perciò bisogno di un preambolo storico-politico, una salutare riscrittura della Storia di quel tempo, fondata su fatti incontrovertibili che, pertanto, promettiamo di mandare in rete quanto prima.

Le nostre cantiche, come abbiamo già scritto, sono un riscontro poetico del nuovo umanesimo e della morale  sartriana e pertanto si dividono in due parti : una affronta il vissuto storico, l’altra l’esigenza morale anche se, di fatto, storia e morale sono indivisibili. Infatti ambedue fanno rivivere i protagonisti e i testimoni, tutti a me vicini, di questa generazione. Per cui, non a caso, come ho scritto, “ho affondato la mano nel sacco dei ricordi come in un braciere” . Ho definito i personaggi, usciti da questo sacco, “i disperati della libertà” perché così li ho conosciuti e così ancora li sento dentro di me.

La storia comincia con l’alienazione della preistoria, vede la luce della liberazione per cadere poi prostrata nella delusione, ossia in una nuova alienazione.  Una dialettica –alienazione/liberazione/nuova alienazione- che si ripete, senza fine, senza sintesi.

Pasolini conclude le sue  “ Ceneri di Gramsci ”con un accorato pessimismo. Che vale – dice pressapoco- entrare nella Storia se “la Storia è finita ” ? Egli , infatti, vede concludersi definitivamente l’età di Hegel e di Marx.

Ma se la Storia si scopre essere l’unica immortalità possibile su questa terra, si apre una nuova epoca, quella del soggetivismo etico di Sartre. L’immortalità è riservata a chi ha sempre lottato per la libertà. Per gli altri non resterà che l’ Inferno dell’oblio.

La seconda parte affronta la riflessione morale in un Paese, l’Africa, dove la natura è ad un tempo dominatrice e rivelatrice, dove la libertà e la schiavitù, la pace e la guerra, la vita e la morte sono sempre una accanto all’altra. Ed è a Parigi che l’uomo trova nella creazione i suoi fondamenti di uomo fino a scoprire, in fondo al viale di tutte le stagioni, il Mito ultimo della vita. Perché senza miti non si va avanti. Forse che Platone non ha posto Atlantide come Mito ultimo dell’umanità ? E forse che il suo maestro Socrate non era, lui pure, un disperato della libertà ?

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