L’espressione fu coniata nel ’46 da Ferdinand Alquié rilevando che l’uomo della libertà delle filosofie irrazionaliste si contrapponeva all’uomo della ragione della filosofia classica obbligando “la ragione” ad una, sia pur nobile, solitudine. Ma l’Alquié si spinge oltre. Questo irrazionalismo dilagante da luogo a un “ nuovo umanesimo” che “meglio si adatta alla cultura della nostra epoca”.
È pur vero che Heidegger aveva dichiarato che l’rrazionalismo non nega la ragione ma ne ricerca l’essenza. È anche vero, però, che Sartre aveva dichiarato che “esistenza, scelta e libertà sono sinonimi” e che “ l’esistenzialismo è un umanesimo” dando a questo “umanesimo” lo stesso significato che Alquié aveva dato al “nuovo umanesimo”.
Infatti, per Sartre, l’uomo, caduti tutti i valori, era rimasto solo e, “condannato ad essere libero”, doveva egli stesso creare come uomo e creare i nuovi valori. Per cui si può dedurre che il nuovo umanesimo è, innanzitutto, ricerca di nuovi valori.
Il primo e grande divulgatore dell’espressione coniata da Alquié fu, nel ’56, Gaetan Picon col suo “ Panorama des idées contemporanées” con un tale interesse, dimostrato da biblioteche, Università e Licei, che fu necessaria una nuova edizione nel ’68.
Il nuovo umanesimo era così divenuto la cultura della nostra epoca.